Marco Mengoni: Vi faccio un cappuccino?

Edicola Novembre 23, 2013

Marco Mengoni: Vi faccio un cappuccino?

Il vincitore di X Factor e dell’ultimo festival di Sanremo Marco Mengoni è stato il California in occasione della Hit Week, il più importante festival di musica italiana al mondo ed è stato fermato all’aeroporto: “Mi hanno scambiato per un arabo. Ho dovuto spiegare che ero italiano! Non ho avuto paura, piuttosto, ne avevo del lungo viaggio, causa claustrofobia”. Marco rivela che è tornato in Italia con nostalgia: “Adoro il frozen yogurt agli smarties, il cambio era favorevole e ho un tatuaggio in più: due linee che se si chiudessero, sarebbero il segno dell’infinito. Sono sempre stato folle: a 6 anni mi lanciai in una piscina nell’acqua alta un metro e mi feci un gran male. A 14 volevo rendermi indipendente dai miei e andai a lavorare come barista. Servii ad una signora un cappuccino ustionante e lei me lo tirò addosso: lì ho toccato il fondo!”. Invece, ora la vita è diversa per lui: “E’ stato un anno di lavoro duro, a volte sentivo l’esigenza di un clone. Sono un eroe che piange: se provo un’emozione forte, è facile che mi escano le lacrime. Sul palco sono un X-man, io che per timidezza non telefonavo agli amici e non chiamavo i taxi”. Quando gli si chiede se vuole tanti bambini perché è figlio unico, racconta: “Non ho sentito la mancanza dei fratelli, sono cresciuto coi cugini; mia cugina Claudia viene con me in tour ed è la mia manager”, mentre quando gli si chiede se è single, risponde: “Da solo penso meglio. Il mio letto ha un perno sotto, mi regge per miracolo. In due, crollerebbe. Poi è una casa piccola, e io non ci sono mai. Mi do un 7: ci sono momenti in cui mi odio e vorrei spaccare lo specchio, per il mio essere freddo e distratto: perdo spesso le cose”. Marco racconta così l’esperienza negli USA: “Canto per la Billboard davanti ai discografici americani, un salone enorme. Poi si abbassano le luci, solo un faro su di me. Chiudo gli occhi, canto e poi sento gli applausi. In quei momenti sono come in trance, è il pubblico che mi riporta alla realtà”. Quando gli si chiede se gli manca Ronciglione, la città natale, dice: “Non ci torno spesso: quando sono via, mi manca profondamente. Quando sono lì, non vedo l’ora di andarmene. Cosa faccio con quello che guadagno? Non ho la macchina, né molte spese oltre l’affitto. Mutuo è una parola ancora troppo impegnativa. Ho una Triumph e non mi risparmio le passeggiate in moto”.

Fonte: Vanity Fair

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