Grande Fratello
Grande Fratello, Kiran Maccali in carcere confessa: “Non so se rifarei il reality, la dr0ga mi ha rovinato, volevo diventare come Corona”
“La mia ex mi lasciò dopo avermi svuotato il conto, ero così esaurito che perdevo i capelli a ciocche” ha raccontato
Alessia S. 07/07/2025

Nel corso degli anni, al Grande Fratello, è passata l’umanità più varia e disparata.
Molti concorrenti sono diventati volti noti dello spettacolo, altri sono tornati alla loro vita normale, qualcun altro ancora ha subito l’ondata di popolarità momentanea e ne è uscito con le ossa rotte.
Qualcuno addirittura ha avuto guai con la giustizia, e l’ex concorrente di cui parliamo è uno di questi.
Kiran Maccali, ex inquilino della Casa più spiata d’Italia nell’edizione del 2011, quando alla conduzione c’era Alessia Marcuzzi, è rimasto recluso nel reality per 64 giorni e attualmente invece sta scontando una pena per vari reati e dovrà restarci fino al 2028.
Nel 2017 infatti fu arrestato e poi condannato per resistenza e lesione a pubblico ufficiale, l’anno successivo per violenza nei confronti dell’ex fidanzata e maltrattamento nei confronti dei genitori adottivi e infine per estorsione, lesione e stalking nei confronti di un uomo 60enne che lo ospitò a casa sua.
Attualmente si trova in carcere a Cremona e in un’intervista al Corriere della Sera si è raccontato a cuore aperto partendo dal suo percorso televisivo fino al suo arresto.
Nato in India, a Vythiri nel 1986, è arrivato in Italia all’età di tre mesi quando fu adottato da una coppia di Romano di Lombardia, ha parlato di un’infanzia serena e di un’adolescenza un po’ più complicata perché non si sentiva accettato per il colore della sua pelle.
Problematiche che lo hanno portato a rifugiarsi nelle dipendenze, per via delle quali è finito in una comunità di recupero.
Nel 2011 è entrato nel Grande Fratello definendosi “indiano fuori e bergamasco dentro“, ma di quella esperienza non è più tanto convinto:
Non so se lo rifarei. Ero circondato da persone di ogni tipo, da quelle buone alle approfittatrici. I guadagni erano alti.
Ho anche conosciuto Corona tramite un paparazzo. Iniziai ad andare in ufficio da lui e restai d’incanto.
Dunque, rimasto affascinato dal personaggio di Fabrizio Corona, Kiran ha raccontato che il suo sogno fosse emularlo:
Fabry era una macchina per fare soldi. Quello che lui guadagnava in un giorno, una persona normale lo guadagna in un anno. La mia ambizione era diventare come lui, imparare il suo lavoro.
Infatti aprì una agenzia di comunicazione e marketing e sembrava tutto andasse bene finché non incontro la sua fidanzata di allora:
In quel periodo andava tutto bene, avevo tanto lavoro. Ma anche una fidanzata che mi svuotava il conto: le comprai due auto in sei mesi, un Rolex, borse, scarpe e aveva un diamante al dito.
Una sera, a mezzanotte, dopo il corso prematrimoniale, mi lasciò a piedi sotto il ponte di Boccaleone. Se ne andò con la seconda auto che le avevo comprato lasciandomi per uno che le aveva promesso in regalo una Bmw X5 e le vacanze alle Maldive.
Ero distrutto a livello finanziario. Ero così esaurito che perdevo i capelli a ciocche. E ancora la mia “cura” fu abbandonarmi ad alcol, droga e locali notturni.
Nel 2016 si è ripreso, periodo durante il quale ha convissuto con due ragazze una delle quali rimase incinta:
Lavoravo a una rivista nuova, Lei Style. Studiavo, anzi mangiavo i libri per essere ben preparato e con una dialettica all’altezza.
Vivevo con due ragazze: quindi, era lavoro e feste tutti i giorni. Una rimase incinta.
Non la presi bene e partii per Forte dei Marmi. Poi ci riappacificammo, non come coppia, ma da amici e le promisi che mi sarei occupato economicamente del bambino.
Dopo, conobbi una ballerina di latino-americano bresciana e iniziammo una relazione.
Nel 2017 il primo arresto per aggressione nei confronti dei genitori, la madre adottiva chiamò il 112:
Tutto iniziò da una discussione con la fidanzata bresciana che proseguii telefonicamente a casa. I toni, per il mio linguaggio e per le imprecazioni, erano alti. In più, avevo bevuto. Iniziò una discussione con i miei genitori.
All’arrivo dei carabinieri, iniziai a discutere anche con loro. Spinsi un militare e gli altri tentarono di immobilizzarmi a terra.
Ci fu una mia reazione e mi misero le manette. L’indomani venni processato in primo grado per resistenza a pubblico ufficiale e condannato a sette mesi: entrai in carcere a Bergamo per la prima volta e ci rimasi 38 giorni, i più lunghi.
I giornali scrissero che avevo picchiato i miei genitori. Mia mamma provò a smentire, ma non fu ascoltata.
E poi l’arresto per violenza nei riguardi dell’ex fidanzata:
Conobbi una ragazza di Bologna. Nonostante avessi l’obbligo di dimora e di firma a Romano di Lombardia, andavo da lei. La mia ex fidanzata bresciana mi convinse a raggiungerla nel suo paese. Fu un tranello.
Chiamò i carabinieri e disse che avevo violato le restrizioni e che la importunavo. Qualche giorno dopo, ricevetti la notifica che dovevo rientrare in carcere e non passò una settimana che mi venne notificata la denuncia per tentata violenza sessuale.
Processo fatto in dibattimento e fui condannato a due anni senza nessuna prova. Era meglio se mi avesse accoltellato per farmela pagare dei tradimenti e di averla lasciata.
L’ultima condanna risale allo scorso gennaio per lesione e stalking nei confronti di un uomo che lo ospitò a casa a breve ci sarà l’appello.








