Le opinioni di Isa e Chia

Grande Fratello, l’opinione di Chia sulla finalissima dell’edizione targata Simona Ventura

Chia 19/12/2025

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E con la vittoria di Anita Mazzotta (sulla quale c’era chi scommetteva già tre mesi fa) si è conclusa una delle edizioni più strane della storia del Grande Fratello.

E dico “strane” perché mai come quest’anno si é notata l’incredibile diversità tra il pubblico social e quello generalista.

Il primo ha supportato quest’edizione fin dall’inizio, sostenendo il grande potenziale (secondo i twittaroli spesso non adeguatamente valorizzato) di questo cast, descritto come uno dei più forti in venticinque anni di reality, e seguendolo fedelmente tra live h24 e immancabili diatribe tra fandom.

Il generalista, invece, a parte la curiosità iniziale nel seguire la prima puntata di quella che si preannunciava essere un’edizione di totale rottura col passato, quella che avrebbe dovuto segnare il famoso “ritorno alle origini“, puntata che aveva totalizzato un ottimo 20,35% di share, ha ben presto abbandonato la nave, facendo crollare gli ascolti ad una media del 14/15%, arrivando a toccare anche un decisamente inglorioso 13%.

E per cercare di arginare questo calo vertiginoso di telespettatori quel tanto pubblicizzato “ritorno alle origini” è andato immediatamente a farsi benedire. Le uniche premesse ad essere mantenute sono state quelle sulla durata ridotta (manco 100 giorni, “solo” 80 contro i 197 dell’anno scorso, ma visti gli ascolti era onestamente difficile pensare che lo prolungassero oltre…) e sul numero di concorrenti tutto sommato contenuto (18 in totale, più dei 10 della storica prima edizione ma decisamente meno dei 37 del Gf Vip 6, per esempio).

Ma, in tutto il resto, delle “origini” s’è visto ben poco, partendo dall’orario folle a cui iniziavano le puntate (con la Ruota che più che far da traino dava direttamente il colpo di grazia), passando per gli inquilini che in più occasioni sono entrati e usciti random dalla Casa, per finire con le numerose influenze esterne, tra commenti social (che sembrava dovessero sparire e invece venivano mostrati regolarmente a tutto schermo) e dinamiche nate fuori dal loft (come gli sbotti di Valentina Piscopo o la famosa intervista dell’ex di Rasha Younes) che finivano col tramutarsi in interi blocchi della diretta.

Ed è stato un peccato, onestamente, perché non c’era certo bisogno di spremere fino all’osso il – noiosissimo, a parer mio – triangolo tra Domenico d’Alterio, Benedetta Stocchi e Valentina (quest’ultima è stata ospite di qualcosa come 6 puntate su 13, una follia) per animare le puntate, anzi.

Il cast friccicariello ce l’avevamo (tolti i comodini usciti nelle prime puntate, di inquilini fumantini ce n’erano diversi), bastava puntare di più su quello alimentando le frizioni con prove sadiche per incrementare o decurtare il montepremi, per esempio, o con l’uso di suite e tugurio per sparigliare le carte e i gruppetti, anziché sul “racconto delle storie” che ci ha triturato i mar0ni da almeno 4/5 edizioni, che se voglio lacrimare ascoltando gente che narra di un passato struggente guardo C’è Posta per Te, mica il Grande Fratello.

Al Grande Fratello voglio vedere liti furiose, inaspettati tradimenti e pugnalate alle spalle, becere trashate e amorazzi vari ed eventuali, mica l’ennesimo genitore che si accorge di aver trascurato il figlio proprio quando questo è h24 su Canale 5, ecco.

Tra l’altro, nell’anno del “giubileo” del reality, dopo la scelta (per me azzeccatissima) dei tre panelisti Cristina Plevani, Ascanio Pacelli e Floriana Secondi (a cui non c’era alcuna necessità di aggiungere Sonia Bruganelli, secondo me, visto che dopo edizioni funestate da opinionisti inutili che il reality – per loro stessa ammissione postuma – nemmeno lo guardavano, finalmente avevamo tre pezzi da 90 che non solo sapevano esattamente ciò di cui parlavano, avendolo vissuto in prima persona vent’anni fa, ma non si facevano alcun problema a muovere critiche toste anche nei confronti dei personaggi più forti), sarebbe stato figo far entrare nella Casa qualche altra vecchia gloria, tipo una ogni settimana, che avrebbe smosso le acque giocando anche sull’effetto nostalgia nel telespettatore.

E invece PierSy col suo “glamour” (madeche, poi) negli ultimi anni ha snaturato COMPLETAMENTE questo reality, ed ora tornare agli antichi fasti è impresa ardua anche per inossidabili professioniste del genere come Simona Ventura. In queste settimane ho letto ingiuste critiche nei suoi confronti, quando la verità è che la sua leggerezza mancava come l’aria, in questo programma.

Troppo facile scaricare tutte le colpe di un’edizione non splendente sulla conduttrice arrivando addirittura a scrivere best*mmioni come “mi manca il pelato“, perché ehm, come dire… ANCHE NO, ecco. Che anche lasciando perdere le accuse degli ultimi giorni, ma come si fa a dare un colpo di spugna su certe scene imbarazzanti delle scorse edizioni? Quell’estrema faziosità, il populismo stucchevole, le ramanzine col dito puntato contro chi si lasciava sfuggire un linguaggio un po’ più colorito, che oggi verrebbe da pensare “da che pulpito“… ma sul serio c’è qualcuno che rimpiange tutto ciò?

Ma TUTTA LA VITA la capacità di SuperSimo di sdrammatizzare, di non prendersi troppo sul serio, di punzecchiare gli inquilini senza mai andare oltre e di buttarla in caciara anche di fronte agli imprevisti della diretta (tipo le foto di Anita sul led mentre stavano facendo la sorpresa a Giulia) quando altri al posto suo avrebbero fatto i capricci, pur di fronte a risulti sicuramente non esaltanti.

Io non credo che sia finita l’epoca dei reality o che non ci sia più interesse per i Nip, anzi. A ‘sto giro avevamo Grazia Kendi che è una pazzacolbotto, Giulia Soponariu che ha fatto un bel percorso di crescita, Anita che ha sfoderato una grande forza e soprattutto Omer Elomari e Jonas Pepe che – per chiunque dei due si parteggiasse – sulla loro rivalità hanno oggettivamente retto l’intera edizione (il televoto tra i due per me doveva essere quello finale, non certo il primo della serata). E poi Donatella Mercoledisanto, Rasha, Mattia Scudieri… C’erano le ship, c’erano i dualismi, c’era pure l’ironia. Insomma, il materiale umano c’era, semplicemente non l’hanno saputo valorizzare al meglio preferendo puntare (aridaje) su ‘ste cavolo di “storie di riscatto” di cui siamo tutti assolutamente pienih.

L’interesse per i reality (compresi quelli coi Nip) c’è ancora ed è più vivo che mai, semplicemente serve uno scopo, non struggenti passati difficili da raccontare. Uno scopo, una missione, un obiettivo particolare, qualcosa che metta un po’ di pepe alle dinamiche andando oltre le semplici storie personali, insomma.

Ma chissà perché là fuori è PIENO di reality che appassionano i telespettatori (da The Traitors su Prime Video, passando da Money Road su Sky per finire con L’Amore è Cieco o Too Hot to Handle su Netflix) tranne quelli su cui mette le mani PierSy

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