Violante Placido: “Ho bisogno di stare sempre appiccicata a mio figlio. Mentre sul set con mio padre Michele…”

Edicola Novembre 19, 2015

Violante Placido: “Ho bisogno di stare sempre appiccicata a mio figlio. Mentre sul set con mio padre Michele…”

Ha sedotto George Clooney e ha rivelato di trovarlo un po’ goffo nelle scene più sensuali (ne venne fuori quasi una querelle ai tempi del film The American), poi ha interpretato Moana Pozzi. Per Violante Placido, volto di bambina, fisico pazzesco, il ruolo di femme fatale è stato un po’ una costante… “Purtroppo l’apparenza può essere de terminarne nelle scelte. Nei registi io richiamavo quel tipo di immaginario, anche se mi sentivo veramente altro rispetto alla femme fatale: quello è un gioco, non mi rappresenta o mi rappresenta per una minima parte. Sono contenta di poter raccontare un po’ di più di una donna” dice lei, riferendosi ad Anna Pozzo che, nella fiction di successo di Raiuno Questo è il mio paese è un sindaco di un paesino del Sud che si oppone alla mafia. “E’ una piccola storia nella quale possiamo ritrovare tanti temi di attualità, perché le cose si possono guardare anche con la lente d’ingrandimento. La particolarità sta, forse, nel fatto che questo ruolo, questa volta lo ricopre una donna. E’ un’occasione rara sia a livello televisivo sia per quel che riguarda la cronaca: non ne sentiamo proprio mai parlare di donne. Eppure è una storia vera. Molti avvenimenti fanno parte sì del percorso di Maria Carmela Lanzetta (il ‘sindaco coraggio’ di Monasterace), ma lei non è l’unico sindaco donna del Sud che si oppone a questi sistemi e la cosa fa riflettere anche me: oggi, dove c’è più pericolo, dove bisogna davvero sistemare le cose ci sono le donne. Forse abbiamo uno spirito di sacrificio scritto nel nostro Dna. Siamo più forti, reggiamo di più, sopportiamo di più, siamo più organizzate: in linea di massima è la donna che, anche se lavora, ha sotto gli occhi e vede crescere il suo bambino. E più presente, nel senso che, se dentro casa c’è il figlio e lei sta facendo mille altre cose, comunque, ha una parte del cervello sintonizzata su quello che sta facendo il bambino“. Violante è mamma di Vasco, due anni. Quando le si chiede se la presenza di un figlio cambia le cose, l’attrice risponde: “Cambia, cambia: cambia tutto. Ti stanchi tanto, però, allo stesso tempo tiri fuori una forza mostruosa. Per me un figlio è pazzesco, ti dà più volontà forse ti da pure un’autostima maggiore. Ti dici: ‘Devo fare determinate cose e le faccio e ci riesco’. E poi questo amore infinito ti invade, ti pervade, è un sentimento costante, vivo, un insieme di cose che ti rende più tutto: più equilibrata, più forte, più determinata. In passato ho sofferto di attacchi di panico. Li avevo già superati prima della sua nascita, però la mente ha spazi infiniti in cui perdersi e un bambino ti concentra, per forza e per amore non hai tanto spazio per diventare schiavo della tua mente. Poi certo sei schiava di altre cose!“. E suo padre, Michele Placido, diventato nonno, come l’ha presa? “Secondo lui fare figli è una cosa meravigliosa e tutti dovrebbero fare milioni di figli. Certo, come nonno è un po’ atipico. Lavora continuamente, adora il suo lavoro, va sempre in giro. Non sta fermo un attimo. Non è che faccia proprio il nonno, se dobbiamo dirla tutta. Ma rimane una figura carismatica. Vasco, anche se lo vede poco, quando lo vede è contento“. Inoltre, Violante ha anche vissuto l’esperienza di condividere il set con suo padre: “E’ interessante questa cosa, non me la sarei mai immaginata. Poi, quando Michele Soavi l’ha voluto nella serie, io prima sono rimasta un po’ cosi, poi mi sono detta: ‘Forse è arrivato il momento di incontrarci come attori’. Ero curiosa e affascinata. Come regista lui è diverso, ha dei metodi, direi, tosti. Invece, tra attori è stato bello, ci relazionavamo dentro i nostri personaggi, c’è stato qualcosa di magico. Siamo antagonisti sul set, ma, vede, con mio padre non ho mai fatto grandi litigate. E’ un papà molto morbido, poi, da regista si trasforma in un tiranno: tira fuori tutte le cose che non è riuscito a dire da papà. Se è fiero di me? Bisognerebbe chiederlo a lui“. Quando si nota che Aurora Ramazzotti ha riaperto il caso dei ‘figli d’arte’, lei commenta: “Lo so, è una cosa che si deve mettere in conto. Quel che ti può proteggere dalla difficoltà paradossale, di essere un figlio d’arte è avere consapevolezza sulla scelta. All’inizio è difficile, ti devi conquistare il pubblico e il pubblico si immedesima più facilmente in qualcuno in cui si può identificare. Quindi: ‘Se io non sono figlio d’arte come faccio a identificarmi in te che già ti immagino pieno di privilegi?“. Poi, ripercorrendo la sua storia, racconta: “Da bambina mi travestivo da Marilyn Monroe, guardavo tutti i suoi film, non era solo l’icona, io conoscevo e cantavo tutte le sue canzoni. A qualcuno piace caldo, che film geniale, Il principe e la ballerina, beh, quello lo adoro. Ho anche saputo che Laurence Olivier era stato cattivissimo con lei. Che poi, a volte, ti possono capitare dei colleghi veramente pessimi. Vi dico solo che, una volta Sergio Rubini mi disse: ‘Non esistono attori, ma solo attrici’. Chi fa l’attore o l’attrice è una diva dentro e un uomo lo è di più, perché si mette in competizione”. E se suo figlio Vasco volesse fare l’attore? “Gli dirò che proprio perché su delle cose è fortunato, non deve essere leggero. Per un periodo ho pensato che forse non avrei mai fatto figli. Mi ponevo un sacco di domande, mi dicevo: ‘Vai nel futuro e vedi se poi, effettivamente, non ti pentiresti’. In quel momento si trattava di tenermi aperte tutte le porte, di non fare un figlio perché lo dovevo fare, perché a me piace la libertà e se ti fa stare meglio non avere bambini, allora, quel la non è una tappa obbligata. Anche se, oggi, io non potrei immaginarmi senza Vasco. Mi ha regalato tanta energia, stravolgendomi l’esistenza. Vivo la maternità in modo istintivo, con una grande voglia di essere il più presente possibile nella vita di mio figlio. Quando ho girato le fiction, facevo in modo che mi raggiungesse sul set nella pausa pranzo; poi la sera c’era sempre il bagnetto, la pappa e la buonanotte. Se non riesco a dargli una parte del mio quotidiano, sento un malessere. L’ho chiamato Vasco come Vasco da Gama, l’esploratore portoghese, perché volevo un nome storico e che iniziasse con la lettera V, come il mio. E che fosse di buon auspicio, perché spero che mio figlio diventi un viaggiatore come me. Un’altra maternità non la escludo, ma per il momento mi godo il piccolo. Le nozze? Temo che possano rovinare i sentimenti. Per ora io e il mio compagno, il regista Massimiliano D’Epiro, stiamo bene così“.

Fonte: Chi, Nuovo

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