Uomini e Donne, ex tronista confessa: “Avevo paura di sparire, volevo interviste e copertine, soffrivo della sindrome da FOMO”

L’ex volto del dating show si è raccontato attraverso un libro

Carola Gennaio 4, 2024

Uomini e Donne, ex tronista confessa: “Avevo paura di sparire, volevo interviste e copertine, soffrivo della sindrome da FOMO”

Dallo studio di Uomini e Donne in questi anni sono passati numerosi volti, alcuni dei quali sono rimasti impressi nelle menti dei telespettatori, per via del loro percorso all’interno del programma condotto da Maria De Filippi, ma anche per ciò che hanno fatto dopo.

È il caso di Alessio Lo Passo, ex tronista del dating show che durante il suo trono fece parecchio discutere, ma anche appassionare milioni di telespettatori. Una volta finito il suo percorso nel programma, Alessio ha continuato per un certo periodo a rimanere nel mondo dello spettacolo e ha fatto parlare di sé per via di alcuni guai giudiziari e per un flirt con l’ex protagonista di Temptation Island Selvaggia Roma.

Alessio Lo Passo

Di recente Alessio ha deciso di pubblicare un libro, Il nodo al centro, un libro crudo nel quale ha voluto raccontare senza tanti giri di parola ciò che gli è successo in questi anni, dal trono del 2011 fino al carcere nel 2017. In un’intervista a iGossip, Lo Passo ha parlato proprio della sua autobiografia, spiegando che si tratta di un libro sincero, tramite cui si assume tutte le responsabilità di ciò che è successo:

Con il tempo ho metabolizzato come tutto sia scaturito da una mia gravissima leggerezza, alla quale sono poi seguite una serie di circostanze tutte a mio sfavore. Qualcuno chiama queste coincidente “karma”. E sostiene che i segnali del karma non siano altro che insegnamenti. Nel mio caso, avrei preferito una lezione di vita meno dura, ma non è andata così.

Alessio ha poi raccontato da dove è nata l’idea di raccogliere ciò che ha vissuto in un libro:

Ci pensavo sin da quando era uscito dal carcere, durante l’affidamento al lavoro trascorso tra Milano e La Spezia, la città nella quale la mia famiglia si era trasferita dalla Calabria quando ero appena un bambino, e nella quale ho vissuto sino a tre anni fa. Trovarmi in carcere in una notte qualunque del 2017, dopo un arresto in strada stranissimo, senza conoscerne le ragioni sino al momento in cui arrivai alla centrale di polizia, è stato un trauma. Ero incensurato, e non avevo mai visto un avvocato in vita mia. Mai una scazzottata, nemmeno da ragazzo. Mai fatto uso di sostanze, mai bevuto… Niente. A casa mi arrivavano solo multe per divieto di sosta. Non riuscivo a capire cosa ci facessi in quella cella minuscola e fredda, in compagnia di due estranei. E quando sono uscito, l’incubo di quella notte e di quei mesi non mi abbandonava. Ma allora volevo scrivere solo di quell’esperienza, di quei cinque mesi da detenuto tra il carcere di Monza e quello di Bollate. Invece, durante la stesura de “Il nodo al centro”, ho trovato il vero nodo. Il nocciolo della questione.

Lo Passo infatti ha spiegato che il suo disagio partiva da più lontano, dalla paura di sparire, nata dopo il successo ottenuto con Uomini e Donne:

Nella paura sempre più forte di sparire: di perdere visibilità. Mi aveva assalito già durante la seconda stagione di Uomini e Donne, credo. Quella alla quasi presi parte come tronista e non più come corteggiatore. E che chiusi malissimo, deludendo tutti nel tentativo di portar fuori dal programma una ragazza a ogni costo, perché quello avrebbe significato interviste, copertine, riflettori che rimanevano accesi…qualcuno lo aveva capito, ma io l’ho capito dopo, non allora. Non mi innamoravo, forse anche perché ero già nevroticamente concentrato sul mio unico obiettivo: continuare ad apparire.

Una conclusione a cui è arrivato anche grazie alla sua co autrice:

Ci sono arrivato solo perché a un certo punto la mia coautrice mi ha preso a muso duro, dicendomi che sarebbe stata costretta a interrompere il lavoro. Non era una psicologa, ha detto, ma a lei sembrava che la mia vita fosse stata tagliata in due da un colpo di scure. Dovevo pormi delle domande e darmi delle risposte oneste. Forse lei intuiva qualcosa, ma non voleva suggerirmi niente. “Questo è un lavoro tuo, Ale, non mio” mi diceva. Così ho dovuto rivivere quel terrore di sparire. E ho scoperto che esiste non solo per me: che è una sindrome da dipendenza che si chiama FOMO e che interessa chi è ossessionato dal web, ma non fa differenza: io l’ho avuta. Senza saperlo, senza nemmeno sospettarlo. Sintomo per sintomo. Non mancava nulla, ma non ero stato in grado di riconoscerla anche perché non sapevo che esistesse. La chiamavo nervosismo, scazzo, ansia costante, insoddisfazione, frustrazione, rabbia, tachicardia, sudorazione e stanchezza. Impossibilità di star fermo o apatia che poi scatenava altra ansia. E la “colpa” dei miei sintomi era sempre di altri.

E ancora:

lo, come tanti, non avevo nessun talento per tenermi a galla come personaggio pubblico. Ma non mi sentivo più nemmeno il commesso partito da La Spezia. E comunque l’idea di tornare a esserlo mi faceva sentire un fallito. Da quello avrei dovuto capire che ero del tutto fuori strada, che non ne avevo più una mia, ma non l’ho capito. Stavo male, ero nervosissimo, discontinuo, perennemente con il cellulare in mano a controllare Facebook e Instagram. Divoravo gossip, seguivo tutte le trasmissioni del pomeriggio per vedere chi fosse presente nei vari studi, tra “gli improvvisati e precari” come me. Sono stato malissimo. Ho buttato via anni preziosi. Tutti coloro che mi consigliavano di piantarla e di voltare pagina mi sembravano solo invidiosi di me. Oppure “non capivano niente”, come i miei famigliari che erano preoccupatissimi.

Infine, l’ex tronista ha svelato che nel libro parlerà anche dei suoi amori più importanti:

Sì, di quelli importanti. Era necessario capire, anche da quel punto di vista, chi fossi quando arrivai negli studi Mediaset. All’inizio era stato divertente e bellissimo. E mi ero veramente innamorato. Anche la seconda stagione, da tronista, l’avevo iniziata bene. Poi qualcosa era cambiato. L’obbiettivo non era più lo stesso. Era tutto in salita, tutto confuso, senza spontaneità. Non ero là per nessuna delle ragazze arrivate per me, ma per la macchina da presa. Confusamente lo sentivo e volevo andarmene, ma tutti erano all’oscuro di quel particolare malessere e mi convinsero a non mollare. Purtroppo, l’ho fatto, ma la colpa è stata solo mia. lo sono rimasto sotto a quei riflettori accesi dei quali non sapevo di non poter più fare a meno. lo non avevo un rapporto profondo con me stesso.

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